Ogiso - Klinton Manujibeya in arte Ogiso, è un artista contemporaneo che ha trovato la sua forma d'espressione tramite la scrittura, strumento che utilizza per comunicare e interagire con il mondo. Nel suo percorso è presente in modo fondamentale anche la musica, chiave di volta nella sua ricerca culturale e spirituale. La musica per l’artista è da identificare come un solido ponte di ricongiungimento con la parola scritta, con cui acquisire una nuova consapevolezza.
1 – Voglio dire
Fottetevi.
Soffocatemi.
Non datemi di più.
Non ditemi di più.
Lasciami stare.
Voglio vivere.
Dipingetevi.
Divertitevi.
Laceratemi.
Impazzite.
Rendetemi schizofrenico.
Mi fate del male.
Non pensatemi.
Non sono.
Sono tutto.
Mi sento solo.
Rilassatevi.
Mi rilasso anch’io.
Ricordo un cliché.
Io,
che mendico un pezzo di libertà.
È meglio morire soli.
2 – Old fashioned
Ascolta.
Il tempo che ci concediamo è unico.
Inebriamoci di parole.
Affoghiamoci di suoni
e accompagniamoci con un cocktail.
Resta qui con me,
con il tuo sorriso.
Lascia che il tuo volto,
venga disegnato dalla mia mente.
Tocchiamoci delicatamente,
come fossimo porcellana.
Siamo preziosi,
come prezioso è
il nostro universo.
Fondiamoci e annulliamoci.
Diventiamo una cosa sola.
Ora,
lascia che le nostre labbra,
tremino per la frenesia.
Non facciamo sesso,
non facciamo l’amore.
Diamo un altro significato,
all’unione dei nostri corpi.
Sono un old fashioned,
perché quando mi guardi,
tu,
me lo concedi.
3 – Se il tempo non esistesse
Se il tempo non esistesse,
mi tufferei in cose che non so fare.
Farei il musicista,
l’artigiano,
lo scrittore,
e perché no,
il filosofo.
Mi immergerei in relazioni stancanti,
emozionanti, stantie.
Nuoterei tra conversazioni.
Raccoglierei le parole che viaggino nel vento,
che alle volte, per me, non hanno senso.
Mi illuminerei di sorrisi,
gli stessi,
che a fine tempo,
mi lasciano spento.
Se il tempo non esistesse,
darei più pace ai miei sensi,
e più guerra ai miei difetti.
Cercherei la perfezione,
e non la fretta,
amica dell’errore.
Se il tempo non esistesse,
non starei qui,
mentre penso ad una fine,
o ad un continuo inizio.
E capisco.
Capisco la morte di questo testo,
comprendo che il tempo è essenziale,
e io lo uso così.
Seriamente,
se il tempo non esistesse,
non mi preoccuperei di ciò che faccio,
ma di ciò che sono.
Il tempo esiste,
e chiede sempre indietro il suo dono.
Esisto con il tempo,
e non esisto senza di esso.
4 – Lavorare come un negro
Il lavoro,
tienilo stretto al petto.
Gioisci,
riempiti di lui.
Non pensare di tradirlo.
Accetta le sue frustate.
Amalo.
Ti guarirà dalle ferite.
Amalo.
Illuminati,
fin nelle più piccole punte della tua mente,
fin nella più pulsante vena della tua anima.
Incatenati alla sua volontà,
fin a morire per sua volontà.
Amen.
5 – Beati gli umili
Beato chi scopa.
Perché non conoscerà l’aridità
dell’eterna solitudine.
Beato chi gioca.
Perché non conoscerà ne la sconfitta,
ne la vittoria.
Beato chi mangia,
perché non conoscerà la vuotezza della sazietà.
Beato a chi preoccupandosi vive.
Perché lo sa,
la vita,
è un’infinita incoerenza.
6 – A voi all’ascolto
Mi domando
chi sia più imponente
il regime dinnanzi
o Io?
Quale felicità si nasconde nel vostro potere?
Quale libertà v’è nel vostro artificioso potere?
Voi che vi ritenete padroni.
Avete mai toccato la fatica,
stingendola con forza,
nelle vostre mani?
Sapete che odore ha il giorno?
Con quale delicatezza pungente,
la soddisfazione cola
dalla fronte di chi spera?
Sapete che sapore ha la notte?
Con che sazietà riempie un cuore stanco,
ma gioioso nel ritorno a casa?
Siete mai riusciti ad immaginare oltre?
Oltre la fantasia, la realtà, immaginando un mondo eguale?
Siete mai riusciti a non pensarvi superiori?
Ma parte di qualcosa d’immenso?
Mi domando,
se le vostre catene autoimposte,
siano fatte dello stesso materiale dei miei incubi.
Se così fosse,
basterebbe svegliarvi
e capireste il danno delle vostre brame.
In fondo non vi biasimo.
La stabile ed illuminata società ha sentenziato:
rinunzia alla tua umanità,
per un tozzo di pane.
7 – La morte ha degli impegni
Attingo alla trama morte
un inconsolabile consorte,
che ragionevolmente fa della vita
la sua sorte.
Delineando dicotomiche nozze.
Procrastino nel digiuno la fine dell’esistenza.
Dove lo spergiuro, corteggia una vile essenza
Ma io ansimo la fuggita energia,
che nella bocca,
il vapore,
prende forma d’un’apologia.
Ho consacrato il terreno,
baciandolo sbocciava senza freno.
In una rinascita primaverile,
che l’autunnale avvenire,
dissetandosi del succo,
prende vigore dalle fiorenti anime da inebetire.
Il rosso cadere del sangue lenire,
si posa in voce, fa vece,
nell’attristire un’ardente credente,
pronto a riscoprire cosa sia fuggire.
Il paradiso delizia i nostri piedi, è evidente.
Ostentare purgatorio,
la frusta morale che marchia il nostro corpo.
L’inferno, ha il vorace scopo d’assuefare i vizi astrosi.
Nella virtù di un gioco,
che a mio dire non ha luogo.
Morte,
tu che non conosci ragione,
né prigione,
ma liberi l’uomo dal dolce dolore,
senza delineare il fine delle stagioni,
tra colpevoli e innocenti di cuori.
Tu,
che festeggi con l’universo,
schierando i nostri copioni,
a simil stelle, brillanti eroi.
Dunque,
mi chiedo,
da scriba depresso,
riesci a cogliere il senso profondo,
d’un’ordinaria anima,
che vorrebbe trovare concretezza in un nuovo sfondo?
V’è qualcosa aldilà di questo mondo?
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